Capaccio. Insediamenti area Pip, società chiede risarcimento milionario al Comune Pagina Facebook Voce di Strada Profilo Twitter Voce di Strada

La società per "l’illegittimo esercizio del potere amministrativo" ha richiesto un risarcimento quantificato nella somma di 3.050.000 euro

Capaccio Paestum. Insediamenti area Pip in località Sabatella, una delle società titolare di un supermercato ricorre al Tar e chiede un risarcimento milionario al Comune. I giudici amministrativi rigettano la richiesta.
L’azienda ha contestato “l’illegittimità” di alcuni deliberati del Comune causa dei danni subiti dalla società e ha chiesto la condanna del Comune “al risarcimento dei danni in favore dei ricorrenti in solido tra loro, derivanti dall’illegittimo esercizio del potere amministrativo per come quantificati nella somma di 3.050.000 euro in subordine, in quella di 575.483,20 o comunque quella maggiore o minore che sarà determinata dal Ctu oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge” .

La vicenda inizia nel lontano 1988 quando l’azienda chiede concessione per supermercato 

Fa  riferimento al Piano per gli Insediamenti produttivi alla località Sabatella dove la società con sede a Capaccio, essendo già proprietaria del relativo fondo, chiese il rilascio della concessione edilizia per realizzarvi ed impiantarvi un supermercato, sviluppantesi in un piano seminterrato destinato a depositi ed un piano in elevazione destinato alla vendita. Il Comune assentì la realizzazione della struttura commerciale nella consistenza richiesta con concessione edilizia.

Con ulteriori concessioni in varante la struttura fu realizzata e nel 1992 fu avviata l’attività. Nel 2000 il Comune approvò un nuovo Pip con previsione di 62 lotti compresi quelli già insediati. L’ente avviò l’iter per le opere di urbanizzazione il cui completamento sarebbe stato a carico degli insediati. La vertenza con la società è iniziata proprio a seguito di questi interventi e le relative richieste di somme per gli oneri infrastrutturali alla società. Nel 2007 il Comune chiese alla società “ di corrispondere, nel termine di 120 giorni e previa sottoscrizione di apposita convenzione, la somma di 285.152,00 per il pagamento delle opere di urbanizzazione primarie e quella di 212.800,00 per le opere di urbanizzazione secondaria”.

Società impugna atti relativi alle richieste di pagamento degli oneri di urbanizzazione 

Il relativo ricorso venne accolto dal Tar con conseguente annullamento degli atti impugnati, ritenendo che i crediti del Comune fossero prescritti. Il Consiglio di Stato con la sentenza 2015/2021, ha poi respinto l’appello proposto dal Comune avverso la predetta sentenza. La società ritiene che “ durante gli anni decorsi dall’adozione degli atti impugnati e sino al loro definitivo annullamento avrebbe subito notevolissimi danni. Da qui la richiesta di risarcimento. Tra le motivazioni quella che la vicenda avrebbe precluso la commerciabilità dell’immobile e che la società ricorrente a seguito dell’adozione degli atti da parte del Comune avrebbe avuto notevoli difficoltà di accesso al credito per una posizione debitoria che, per il carattere pubblico del creditore e la visibilità della relativa procedura, sarebbe stata notoria e costantemente soppesata dagli Istituti di credito”.
Le ragioni della società non sono state accolte dal Tar che ha respinto la domanda risarcitoria per la mancata prova del danno e del nesso di causalità tra i suddetti atti dell’amministrazione ed i danni lamentati da parte ricorrente.

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