Alto consumo antibiotici allevamenti: ecco la situazione nel salernitano. Pagina Facebook Voce di Strada Profilo Twitter Voce di Strada

Vendite di antibiotici riservate agli allevamenti: l’Italia risulta seconda solo a Cipro. A renderlo noto è un report dell’Agenzia europea del farmaco, secondo il quale il nostro Paese ha un consumo di 2,5 volte più alto della media europea e tra 20 e 50 volte più alto di Paesi come Svezia e Islanda. Oltre il 90 percento degli antibiotici destinati agli allevamenti sono stati usati per l’uso di massa nei mangimi o nell’acqua. Quasi il 70 percento degli antibiotici venduti sono destinati agli animali negli allevamenti e l’Italia ha il più alto numero di morti causate da infezioni resistenti agli antibiotici in Unione Europea. L’utilizzo di antibiotici negli allevamenti concorre alla resistenza nelle infezioni umane: somministrate antibiotici agli animali in grandi quantità porta all’emergenza di batteri antibiotico-resistenti, che possono trasmettersi alle persone tramite il cibo o l’ambiente e possono, in ultimo, causare infezioni antibiotico-resistenti. Il costo umano della resistenza agli antibiotici è alto: oltre 10.000 decessi all’anno in Italia, sui 33.000 in Europa.

IL FENOMENO DELL’USO DI ANTIBIOTICI NEL SALERNITANO

Sulla problematica abbiamo intervistato il medico veterinario dell’Asl Salerno Michele Cerruti

Dottor Cerruti ci spieghi il fenomeno nel salernitano 

I dati forniti emergono a livello ospedaliero che mettono in evidenza la presenza di batteri antibiotico-resistenti. Spesso si tratta di antibiotici, che vengono utilizzati parallelamente anche in allevamento, per la terapia di bronchiti, mastiti e diarree. Se si va a curare una semplice bronchite, ad esempio, con un antibiotico che di solito funziona sempre e all’improvviso non dà risultati, bisogna poi passare ad antibiotici di nuova generazione. Un dato di incidenza preciso in provincia di Salerno non è noto al momento. Anche a livello di allevamenti non è possibile dare indicazioni precise. Di certo, essendo in maggioranza allevamenti da latte per la caseificazione nella nostra zona, si può dire che il fenomeno sia poco diffuso. Raramente capita l’immissione di antibiotico nell’allevamento: se si fa il trattamento antibiotico a una bufala e il latte non lo si separa, ma lo si mette nella massa di quello che arriva ai caseifici, non coagula e il casaro non riesce a fare poi la cagliata. Si vede immediatamente, quindi, se c’è un problema di antibiotico, perché lo stesso abbatte i batteri che consentono la fermentazione. in questi casi il latte non può essere utilizzato.  La problematica può essere maggiormente diffusa negli allevamenti da carne, sicuramente, ma resta molto marginale nella nostra provincia.

Quali sono dunque gli allevamenti più interessati dal fenomeno?

Gli allevamenti più interessati sono quelli dei conigli e dei volatili. Le zone maggiormente colpite sono regioni differenti dalla nostra, come Veneto e Emilia Romagna dove troviamo una forte percentuale di allevamenti di volatili appunto. Con gli allevamenti da latte c’è un controllo differente: non solo interveniamo noi dell’Asl e facciamo controlli a campione nelle aziende, facendo delle analisi per controllare la presenza di residui, poi presso i caseifici se ne accorgono in maniera immediata e le perdite vengono imputate agli allevatori stessi, che si guardano bene, quindi, dall’utilizzare antibiotici. Anche in caso di utilizzo, quel latte non viene inserito nella massa che arriva al caseificio”.

ANTIBIOTICI NEGLI ALLEVAMENTI: QUALE FUTURO?

A partire da gennaio del 2022, un nuovo regolamento Ue vieterà l’uso routinario degli antibiotici, inclusi i trattamenti preventivi ai gruppi di animali. Attualmente in Italia non sono disponibili dati sul consumo di antibiotici per specie, ma da aprile 2019 è diventata obbligatoria la ricetta elettronica, che rende disponibili anche queste informazioni. L’associazione animalista CIWF Italia ha chiesto a Regioni e Ministero della Salute di pubblicare i dati non appena saranno disponibili, in un’ottica di trasparenza e per creare la giusta pressione sulle filiere e le regioni che consumano di più. L’abuso di farmaci è riconducibile alle condizioni in cui sono allevati gli animali e, quindi, al metodo di allevamento. Negli allevamenti intensivi vengono usate enormi quantità di farmaci perché le condizioni sono estreme e la sopravvivenza delle specie in capannoni sovraffollati e malsani è spesso garantita solo dagli antibiotici. Uno strumento, dunque, utilizzato dall’industria della carne per mantenere in vita gli animali. Sarebbe opportuno, per invertire la rotta, pensare a consistenti miglioramenti del benessere degli animali, che consentirebbero di ridurre l’uso di farmaci e, quindi, la minaccia dell’antibiotico-resistenza.

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